È il 1961 quando Pier Parolo Pasolini viaggia in India con gli amici Alberto Moravia e Elsa Morante. Il viaggio dura circa un mese e mezzo durante il quale toccano Mumbai, Aurangabad, Ajanta, Ellora, Delhi, Agra, Gwalior, Orchha, Khajuraho, Varanasi e Calcutta.
Pasolini racconterà quell’esperienza nel breve reportage L’odore dell’India che ha la forma del diario di viaggio. È fatto di impressioni emotive, sensazioni concrete. È un libro integralmente viscerale, scritto sul momento, senza mediazioni: Pasolini vede, sente, sperimenta e lo trascrive lì per lì.
Un occidentale che va in India ha tutto, ma in realtà non dà niente. L’India, invece, che non ha nulla, in realtà dà tutto.
Ne risulta un libriccino magmatico e bruciante, di cui si avverte tutta l’urgenza, senza la mediazione della riflessione a posteriori. Raramente si spinge ad analizzare a distanza – che sia critica o temporale – ciò che vede e percepisce. Sembra quasi che lo racconti nel momento stesso in cui lo vive.
Di conseguenza il reportage è viziato da un’immediatezza che non lascia spazio alla riflessione su quanto pregiudizio ci si porti dietro nello sguardo. Tuttavia ho trovato interessante l’esperienza di pormi dietro gli occhi dello scrittore, pur non condividendo molte delle sue convinzioni sul paese e i suoi abitanti.
Ancora più interessante è l’intervista di Renzo Paris a Moravia che chiude l’edizione che ho letto io. Mette a confronto il punto di vista diametralmente opposto dei due autori. Anche Moravia scrisse un reportage dopo quel viaggio, si intitola Un’idea dell’India. Già dai titoli si intuisce quali siano le posizioni dei due scrittori: Pasolini sceglie l’odore, è tutto sensi; Moravia parla di idea, è razionale, pragmatico, persino distaccato.
Dove: India
Quando: 1961
Titolo: L’odore dell’India
Autorə: Pier Paolo Pasolini
Editore e anno: Garzanti 2015
Genere: diario di viaggio
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