Se mi segui su altri lidi conosci già la mia ossessione per le viaggiatrici del passato, lontano e recente. Da loro mi sono fatta ispirare in molti modi – a viaggiare da sola, a trovare il coraggio di far fronte a pericoli e imprevisti di ogni sorta, a guardare il mondo con il mio sguardo ma senza escludere lo sguardo altrui.
Da qualche anno ho preso a occuparmene in vari modi anche per lavoro. Tengo una rubrica su Elle.it dedicata alle viaggiatrici e ad alcune di loro ho dedicato anche la prima stagione (e la seconda in lavorazione) del podcast Le Intrepide che ho creato insieme alla mia amica Assya D’Ascoli.
Ancora loro mi hanno ispirato altri progetti che stanno maturando o che vedranno la luce a breve. Mi sembrava inevitabile che arrivassero a pretendere il loro spazio pure qui. Uno spazio che concedo più che volentieri perché penso che le loro storie avventurose, audaci, spesso di rottura con il loro tempo, possano ancora ispirarci tutt3.
Con questo post inauguro una mini-rubrica periodica con la quale ti proporrò 3 viaggiatrici da scoprire e i libri in cui hanno raccontato i loro viaggi, presenti anche sulla mappa interattiva.
Katharina von Arx
La prima cosa che mi colpì di Katharina von Arx quando vidi una sua foto furono i suoi capelli ricci a casco. Mi sembrò che somigliasse a mia cugina Antonella, stessa chioma, una simile forma del volto, lo stesso sorriso. Solo che Katharina è nata prima, nel 1928. E ha girato il mondo da sola negli anni ’50.
La sua filosogia di viaggio (e di vita) era restare leggera. Leggero doveva essere il bagaglio – portava solo due vestiti, i pennelli, l’ukulele e gli abiti che aveva addosso – ma pure lo spirito. Per se stessa scelse una strada più creativa di quella cui l’avevano indirizzata gli studi commerciali. Proprio non ci si vedeva chiusa in un ufficio. Da Zurigo, dov’era nata, all’inizio degli anni ’50 se ne andò a Vienna per studiare arte ma si accorse presto che per una donna il mondo dell’arte non aveva in serbo glorie e riconoscimenti. Anzi neanche un angolino, se non come bella statuina alle feste. E non le stava bene. A 25 anni piantò Vienna e il suo bel mondo per tornarsene a casa, ma… facendo il giro largo.
Ha raccontato il suo giro del mondo nel libro La viaggiatrice leggera che con piglio ironico e pieno di verve narra sia l’antefatto che il viaggio vero e proprio, costellato di passaggi in autostop, canzoni a squarciagola, colpi di fortuna e ielle nere, personaggi bislacchi, proposte di matrimonio a iosa (tutte rifiutate), luoghi che mozzano il fiato e luoghi da cui non vede l’ora di scappare. Alla fine a Zurigo ci arriva, ma dopo aver percorso l’intero emisfero settentrionale del pianeta. Da vera pioniera dei viaggi low cost, anticipando persino gli hippie.
Beryl Markham
Quando scoprii che il suo primo cavallo si chiamava Pegaso mi dissi che era proprio destinata a volare, questa donna. Beryl Markham fu una pioniera del’aviazione e la prima donna a trasvolare l’Atlantico no-stop. Da sola. Nel 1936. Potevo non innamorarmi del suo coraggio e della sua incoscienza?
D’altronde ancora adolescente aveva deciso di restare in Africa da sola per allevare cavalli quando suo padre aveva mollato tutto per andarsene in Perù. In quel pezzo di terra che oggi si trova tra Kenya e Uganda c’era finita un po’ per caso, seguendo il padre quando aveva solo 4 anni. Era nata suddita britannica. In Africa era cresciuta “in un mondo senza pareti”, libera di correre nella savana, di cavalcare a perdifiato, di andare a caccia con i guerrieri Nandi. Una volta la morse un leone.
Quando scoprì l’aviazione se ne innamorò a tal punto che non faceva altro che volare. In verità frequentava anche la bella società inglese in Africa. Si sposò tre volte ed ebbe molte più relazioni, incantò persino Hemingway. Di giorno accompagnava i ricchi signori che passavano il tempo impegnati in un safari, di sera si mescolava a loro alle feste. E poi l’aereo trasportava posta, medicine, feriti: tutti la cercavano perché era veloce e audace, non diceva mai di no neanche nelle condizioni più avverse. Ha raccontato la sua vita, e tutte le sue avventure, nel libro A occidente con la notte.
Edith Wharton
Si calcola che abbia attraversato l’Atlantico circa 60 volte nel corso dei suoi viaggi annuali in Europa iniziati sin da quando era piccolissima, con i genitori. E mai interrotti: qualunque cosa accadesse, Edith Wharton a Febbraio saliva a bordo della nave determinata a raggiungere l’altro lato del mondo e restarci alcuni mesi. Quattro o cinque, se possibile di più e mai meno.
Più nota come scrittrice – e prima donna a vincere il Pulitzer – fu anche una gran viaggiatrice. Da bambina con la famiglia visse addirittura a Roma e il continente europeo lo girò in lungo e in largo in molte occasioni. Nata in seno all’alta aristocrazia del denaro statunitense, da sposata si divise tra Newport e Manhattan ma ogni anno, tra Febbraio e Giugno, cascasse il mondo si andava in Europa. E non badava a spese. La crociera nell’Egeo del 1888, durata 4 mesi, costò 10.000 dollari. Di allora.
L’Italia fu sempre la sua meta prediletta ma era innamorata anche della Francia. La percorse estesamente in auto quando l’auto era ancora un capriccio da ricchi. Adorava correre sulla Panhard che l’amico Henry James – con cui fece uno dei viaggi in auto attraverso il paese – chiamava il “cocchio di fuoco”. Le sue avventure automobilistiche su e giù per la Francia si trovano raccolte nel libro Viaggio in Francia.