Leggere la Grecia #13: Il miracolo di respirare – Dimitris Sotakis

#leggerelagrecia


Ho preso questo libro nei mesi del lockdown 2020, mi incuriosiva l’idea di leggere di una persona confinata in casa nei giorni in cui dovevamo farlo tutti. Poi cambiai idea, temevo l’effetto claustrofobia. Avevo ragione. Mi sono decisa infine a riprenderlo pochi giorni fa, ormai nel 2024, e la sensazione che mi ha suscitato durante la lettura è stata proprio quella.

il miracolo di respirare sotakis

Il miracolo di respirare di Dimitris Sotakis trad. Maurizio De Rosa ed. Del Vecchio 2019

Scritto nel 2009, arrivato in Italia 10 anni dopo, Il miracolo di respirare è un romanzo che nel giro di poche pagine sconfina nel surreale e ha una fortissima eco kafkiana. È la storia di un uomo che si ritrova –inizialmente per sua scelta – prigioniero in casa sua.

Il protagonista è disoccupato e sull’orlo della povertà, le cose vanno male in ogni ambito della sua vita: il rapporto con la fidanzata Risha si trascina stancamente, la madre malata ha perso ogni slancio vitale, lui stesso si arrabatta in una vita priva di senso. Non abbiamo neanche le coordinate geografiche e temporali. La città è senza nome, è la Grecia, da qualche parte, in qualche tempo.

Un giorno risponde a un annuncio sul giornale: un’azienda – istituto, è chiamato nella traduzione italiana – assolda persone disposte a cedere lo spazio della propria casa per depositarvi dei mobili. Il lavoro appare insensato ma la paga è enorme. Via via che il conto in banca cresce, il protagonista è rinfrancato, cominciare a fare progetti, torna alla vita. In parallelo però l’azienda gli chiede sempre di più.

Prima invade ogni spazio vitale della casa, poi gli chiede di non uscire più per essere sempre reperibile, infine si installa a casa sua e lo sorveglia notte e giorno. La situazione degenera. Sì, più di così, ma non voglio certo raccontarti tutto io. Il nostro antieroe diventa ostaggio di se stesso e dei propri sogni. Non può rinunciare proprio adesso che sta per scadere il contratto e se si tirasse indietro dovrebbe restituire tutti i soldi.

Siamo tutti noi quel poveretto schiacciato dal lavoro, convinto che basti tener duro, che si abitua a richieste sempre più assurde pur di restare in una condizione che sulla carta sembrava più favorevole della precedente. Si convince anzi che migliorerà ancora. Non migliora mai però, anzi va sempre peggio.

Finirà per perdere ogni umanità, persino la sua stessa presenza nel mondo. Diventa estraneo a ciò che accade fuori, estraneo pure a se stesso. Il romanzo, ferocissima allegoria della società contemporanea, si chiude con una note ironica e amara, con il protagonista grato perché almeno può ancora respirare.

La foto di apertura è di di Dim Hou/Unsplash

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